
Puntualmente arrivava la notte e non riuscivo a dormire. Provavo a stare a letto, a chiudere gli occhi, ma i pensieri mi ronzavano in testa troppo forte. Così sono uscivo.
Ho passato alcune notti su una strada deserta dove non c’era nessuno, non so bene da quanto tempo camminavo a piedi su quell'asfalto, dove puntualmente la meta era la strada di casa tua, illuminata da quei lampioni, creando una atmosfera, quasi come fossi seguito da un piccolo faro che illumina solo quel pezzo davanti a me e il resto rimaneva buio, mentre camminavo sentivo l’eco dei miei passi, non so bene da quanto tempo era così, quando un pò di vento si alzava avevo paura di ascoltarlo troppo forte perché quello che sento dentro sembra rispondere e non voglio che risponda così forte.
La notte era spessa e le nuvole passavano lente, la luna si nascondeva e po' si mostrava a sprazzi come se non volesse farsi vedere del tutto guardinga, come uno sguardo che ti sorprende e non sai se sorridere o allontanarti, il vento mitigato mi entrava nelle ossa e mi svegliava, ma non è il vento che mi teneva sveglio, erano i pensieri che giravano e giravano sempre attorno alla stessa cosa. Te
In quei momenti mi mancavi, ora mentre scrivo mi manchi e lo dico ma non lo dico perché dirlo sembra così semplice e poi così terribilmente complicato, ma lo dico perchè mi manca l'unicità della tua presenza che era insosistuibile e ora è vuoto, il petto si stringe e il respiro si fa corto, a volte penso che se potessi parlare non lo farei con frasi pulite ma a volte con parole rotte a volte con un silenzio che pesa più di tutte le parole insieme.
I miei pensieri non si fermano mai, girano in tondo come una ruota arrugginita, fanno sempre lo stesso rumore monotono e tornano a te e più cerco di distrarmi più mi accorgo che non funziona e il giro ricomincia, ogni volta la sensazione è sempre uguale, un nodo al petto che stringe uno stomaco contratto, un dolore come se qualcuno stringesse una mano lì dentro ma non è sempre costante però quando arriva sembra avere una durata eterna, allora mi fermo e respiro, cerco di contare i secondi come se contare potesse cancellare il peso, questo modo di fare non riesce ma aiuta un pò, poi i pensieri ripartono e tutto ricomincia, un malessere che non so spiegare ma che mi accompagnava sempre, continuavo a fissare la strada, la luna e a chiedermi se anche tu da qualche parte, provavi una specie di sensazione freddo che non è freddo, solo un senso di mancanza che ti entra nella pelle e resta lì a bruciare piano.
Ho paura, paura di farti male, paura di essere di troppo per te, paura che aprendo la bocca possa rovinare qualcosa che non si può più aggiustare, così tengo tutto dentro, come se trattenere fosse proteggere, a volte trattengo fino a farmi male anch'io e il male resta in circolo come una macchina che continua a girare e non si spegne. La mia testa è come un disco graffiato, stessa canzone, stessa frase che con il suo tornare cambia solo il tono, ma il contenuto è lo stesso, ti penso e mi manchi, fingere che non sia così è inutile, non posso ingannare il mio Io.
Mi tornano in mente i momenti piccoli, non solo quelli grandi, la risata a una battuta stupida, il modo in cui ti sistemavi i capelli, il silenzio comodo quando eravamo sdraiati senza niente da dire mentre puntualmente scoppiavi a ridere e iniziavi a parlare come una macchinetta... si perchè quando sei felice parli e non ti ferma più nessuno, mi viene spontaneo domandarmi come quelle cose possano adesso essere così lontane, come fossero di un'altra vita e a volte mi viene voglia di chiamarti solo per sentire una voce che mi riporti a casa ma la paura impedisce il gesto e allora mando parole al buio che forse non arriveranno mai.
La luna si nascondeva dietro una nuvola larga e l'aria cambiava sembrava che il mondo trattenesse il fiato con me e mi sorprendo a parlare da solo a confessare cose che non direi mai a voce alta in presenza di altri, come, se la notte fosse un confessore benevolo che non giudica e accoglie tutto compreso il mio imbarazzo e la mia vergogna di essere tanto fragile.
Mi sento stanco di fingere di non avere bisogno di te stanco, di costruire piccole fortezze di indifferenza che poi si sgretolano al primo ricordo, vivo stanco di pensare che lasciarti andare sia semplice come prendere un treno e partire, invece è come tagliare un ramo che fa parte della tua mano e io non so se ce la farei.
A volte immagino scenari strani, parole dette e non dette, di occhi che si incrociano e si capiscono senza parlare, altre volte immagino che tu non senta nulla e che la tua vita sia piena di altro e allora mi rintano sotto una coperta immaginaria e mi dico che è meglio così, che è meglio non disturbare l'equilibrio altrui, ma questa è una bugia che mi faccio per non guardare la verità che la verità è che ti voglio vicino.
I giri mentali a volte sono estenuanti anche per il corpo, mi sento esausto come dopo una lunga corsa senza mai fermarsi e l'unica cosa che vorrei è trovare un punto fermo, una mano che tocchi la mia e mi dica andrà tutto bene, anche se magari non è vero, ma la voce che dice "anche se magari non è vero" basterebbe per un momento per smettere di lottare con questi pensieri...
Quando tornavo indietro, cambiavo percorso e andavo verso il mare, lo stesso che vorrei fosse diverso, che l'acqua potesse portare via qualcosa di me che non mi serve e restituirmi solo quello che è bello, ma il mare non è una bacchetta magica il mare è solo acqua che ritorna e riporta via e allora capisco che tocca a me decidere cosa tenere e cosa lasciare e non è facile, poi mi viene da ridere piano perché penso a come sono goffo quando provo a spiegare queste cose, come se la lingua non fosse fatta per portare il peso di tutto quello che ho dentro e allora mi accontentavo di andare fino a quasi davanti casa tua, immaginandoti uscire di li a stringermi la mano, e allo stesso tempo di restare qui in questa battigia con questo mare che sto provando a descrivere, guardare la luna, scorgere la tua assenza e salutarti col pensiero come si saluta qualcuno che non si può chiamare.
Mi viene da chiedermi se c'è un tempo per guarire o se si vive con certe mancanze come si vive con una cicatrice e poi smetto di chiedermelo e lascio che la domanda resti sospesa senza risposta come le nuvole sopra la luna che passano e non si fermano e io non mi fermo e mi rialzo e continuo a camminare
Ogni tanto mi sembra di sentire qualcosa che somiglia a pace come se tra un cerchio di pensieri e l'altro ci fosse uno spiraglio piccolo e luminoso, in quel momento mi sedevo sulla sabbia e guardavo l'orizzonte e respiravo profondamente e per qualche secondo, la stretta nel petto si allentava e pensavo che forse va bene anche soltanto questo un breve momento in cui non tutto è dolore, ma subito dopo il cerchio ricomincia e io lo lascio andare e lo accetto, perché è la mia verità, in questo momento e non voglio fingere diversamente, non voglio dipingere una facciata più forte perché il più grande atto di coraggio adesso è essere onesto con me stesso, con te e con questo vuoto che porto dentro.
Ti dico che mi manchi e lo ripeto perché forse così arriva un po più forte fino a me stesso, cosi facendo capisco che è vero e che non è una debolezza dire che si soffre e che si desidera, che si ha paura e che tutto questo insieme è normale per qualcuno che tiene davvero a un'altra persona
Nel frattendo rimasi li ancora un pò finché i piedi non erano troppo freddi, finché il vento non era troppo tagliente e poi tornai a casa con la sabbia nei pantaloni,con la testa piena e con il cuore forse un po più leggero, per aver detto a qualcuno, che non esisti qui ma che esisti in ogni mio pensiero, mi manchi e adesso lo so ancora meglio che prima, sono stanco ma vigile nel senso che voglio ricordarmi sempre questo sentimento così com'è senza addolcirlo troppo, vorrei solo che un giorno si trasformasse in qualcosa di meno doloroso ma fino ad allora lo tengo stretto come si tiene un faro nella notte, tutto quello che ho per ora sono parole che escono slegate, probabilmente forse confuse ma vere e se ti arrivano anche solo come un eco, tieni a mente che non sono parole vuote ma c'è dentro una persona che ti pensa e che ha paura, che si perde e che si ritrova ogni tanto e continua a sperare di trovare una intesa che fughi i dubbi di entrambi.
Vorrei dirti mille cose, ma alla fine restano sempre queste poche: ti penso, mi manchi, e ho paura. Paura di dirti tutto e paura di non dirtelo mai. Paura di farti male e paura di continuare a farmi male da solo, ti penso. Sempre. Forse troppo. Non so se tu, in questo momento, stai vivendo qualcosa di simile o se la tua notte è diversa, più leggera della mia. Ma io spero che, anche solo per un attimo, tu possa sentire che c’è qualcuno che ti porta dentro così forte.
Nel frattempo la notte mentre scrivo scende, il vento mi ascolta, la luna mi guarda, e io, ancora una volta, non smetto di pensare a te.
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