
La notte avvolgeva ogni cosa con un manto fitto e profondo, come se il cielo avesse deciso di custodire i propri misteri dietro un tessuto di nuvole. Ma da uno spiraglio inatteso, un frammento di luna appariva e scompariva, come un occhio aperto su questo mondo che spiava dal buio, curioso e distante. Sembrava non limitarsi a illuminare, ma osservare, scrutare l’anima di chiunque sostasse su questa spiaggia silenziosa.
Il vento soffiava piano, né caldo né freddo, ma denso di presagi. Accarezzava la sabbia bagnata della battigia, lasciando dietro di sé linee invisibili, come segni scritti da una mano che nessuno avrebbe mai visto. L’acqua ritirata brillava sotto il riflesso intermittente della luna, creando l’impressione che sotto quella superficie trasparente potessero celarsi altri cieli, altre lune, altri mondi pronti a rivelarsi. In lontananza, la scogliera emergeva scura e possente, simile a un guardiano immobile. Le onde vi si infrangevano con un boato solenne, esplodendo in archi di schiuma altissimi che, illuminati dalla lama di luce lunare, parevano colonne di un tempio invisibile.
Quel fragore si mescolava al respiro più pacato delle onde lungo la battigia: un doppio ritmo, come due cuori che battono in sincronia ma con intensità diverse.
Era come se il mare avesse due volti: uno furioso e indomabile, che si scagliava con rabbia contro la pietra, e uno quieto, quasi fragile, che accarezzava la riva con movimenti frastagliati e salmastri, simili a sospiri. Nel contrasto, c’era un equilibrio nascosto, come se entrambi i volti appartenessero a un’unica anima, divisa tra tempesta e riposo.
In quell’atmosfera sospesa, la percezione del tempo si dilatava. Ogni cosa sembrava avvenire in un eterno presente: la luna che osservava, il vento che sussurrava, le onde che respiravano. Eppure, più ci si lasciava avvolgere da quel paesaggio, più si avvertiva che non era soltanto una scena da contemplare, ma una soglia da attraversare.
Il mare chiamava, non con voce, ma con la vibrazione profonda del suo movimento. Il vento non era più semplice aria, ma un messaggero che invitava a lasciarsi andare. La luna, da dietro le nuvole, apriva appena il suo occhio pallido, come se fosse una guida segreta, pronta a condurre oltre il velo della realtà.
E così la spiaggia diventava un varco, il confine tra ciò che è visibile e ciò che appartiene all’invisibile. Non un luogo da abitare, ma un momento da vivere: un istante eterno in cui la materia si scioglieva in sogno, e il sogno si faceva mondo.
Chiudendo gli occhi, si poteva percepire che il passo successivo non avrebbe condotto avanti, ma oltre: oltre le onde che respirano, oltre le scogliere che vegliano, oltre la luna che osserva. Un viaggio che iniziava non nello spazio, ma dentro il silenzio stesso della notte.
Ogni elemento viveva in contraddizione: il fragore e la quiete, l’oscurità e quella lama di luce lunare, la furia delle onde e la calma del bagnasciuga. Tutto pareva sospeso in una soglia irreale, come se la spiaggia fosse diventata un passaggio tra due mondi: quello visibile e quello che si cela oltre il respiro del mare.
In quel momento A ogni colpo, la scogliera tremava leggermente, come se sentisse anche lei la presenza di qualcosa.
Qualcuno.
Sul limite della battigia, proprio tra la quiete e la tempesta, avanzava una figura. I suoi passi erano lenti, scalzi, lasciavano impronte leggere sulla sabbia bagnata, subito sfiorate da rivoli d’acqua pigra. Non parlava, non aveva bisogno di farlo. La mezza luna, lì sopra, la seguiva con lo sguardo inclinato di chi sa troppo.
Il vento gli sollevava i capelli, portava con sé l’odore salmastro e ferroso del mare, e qualcosa di più sottile… come terra bagnata e fumo lontano.
La figura si fermò. Davanti a sé, un punto preciso della battigia, il mare per un attimo si retrasse, la scogliera sembrava respirare. Una fenditura tra le rocce, nera come la notte, ma viva. Il vento portava con se un suono lontano, non quello delle onde, no. Era… un sussurro.
O forse un richiamo.
Allora la figura accanto, mi sfiorò con le dita e sussurrò qualcosa di incomprensibile. La mezza luna parve stringersi, quasi infastidita. Una nube le passò davanti, spegnendola per un istante.
E quando tornò a brillare, la figura non c’era più, c’era la mia Sconosciuta, quella figura cosi enigmatica era il frutto della mia immaginazione o era la sua reale impersonificazione in quel mondo che i miei occhi poterono vedere solo per un istante, quando i due mondi si collegarono facendo aprire quella finestra che dava modo di vedere il suo vero aspetto, una magica creatura incantata che si erige al di sopra della natura.
Ma la luna la aveva vista.
E ricordava.
E tu…
tu lassù,
mezza luna scomposta,
che mi guardi di taglio
come chi sa troppo ma finge di non capire…
che cosa hai visto, stanotte?
Lo dirai a qualcuno?
O farai come sempre:
una curva, un silenzio, e poi sparisci?
Le onde, ancora alte contro la scogliera. E la battigia, silenziosa, lucida, erano come se avessero appena assistito a qualcosa che non si doveva vedere.
E in quell’istante, quando il vento si fece più profondo e la luna tremò dietro le nubi, sembrò che la realtà stessa esitasse, pronta a disfarsi in un sogno che nessuno avrebbe saputo raccontare.
Ci incamminammo verso il punto di ritrovo dove i nostri due mondi sono separati da un ponte che appare ogni volta che Lei può apparire.
E tutto ritorna.
La luna, il vento, il mare. Sempre uguali, sempre diversi. Ad ogni ciclo, più vicini. Ad ogni ciclo, più intensi.
La luna non è più luce ma guida, il vento non è più soffio ma canto, il mare non è più confine ma passaggio, la spiaggia diventa sogno, Il sogno diventa realtà, la realtà diventa soglia, la soglia diventa attesa
Le onde battono come mantra, frantumano il tempo, dissolvono lo spazio. La scogliera non è più pietra, ma tempio. La battigia non è più sabbia, ma specchio.
Non c’è inizio, non c’è fine, solo cerchi che si richiudono, solo lune che si aprono, solo mari che si richiamano, solo venti che si ripetono.
E nel ritorno, tutto si fonde, il mare è la luna, la luna è il vento, il vento è la notte, la notte è il sogno.
E il sogno sei te mia Sconosciuta, a cui giungono queste mie parole.