
Le lancette dell’orologio sul comodino segnavano l’una e quindici, ma per me, l’attesa si era fatta quasi insopportabile. Il cuore di questa città dormiva un sonno leggero sotto il velo vellutato della notte estiva, un sonno rotto solo dal fruscio del vento tra le foglie dei pini e il lontano sciabordio delle onde. Ogni secondo sembrava un’eternità, mentre fissavo la sua finestra, impaziente di vederla.
Poi, l’hai vidi.
La piccola porta nera intarsiata nel muro del suo giardino si aprì con un sospiro quasi impercettibile. Alice emerse, avvolta in un abito leggero che ondeggiava come una nuvola argentata nella luce lunare. La luna, alta nel cielo, era una perla perfetta, e la sua luce argentea inondava ogni cosa, trasformando il familiare in qualcosa di etereo e incantato. I fiori profumati che adornavano l’ingresso del giardino sembravano danzare, mentre la sua ombra lunga e sottile giocava a nascondino sul selciato mentre lei si accingeva ad aprire il cancello per uscire in tutta la sua magnificenza.
Quando i suoi occhi, profondi come pozze di inchiostro sotto la luce diafana, incontrarono i miei, un sorriso timido sbocciò sulle sue labbra. Era un sorriso che parlava di sogni sussurrati e promesse silenziose, un sorriso che riscaldava il cuore più della brezza marina. Si avvicinò a me, i suoi passi leggeri come il battito d’ali di una farfalla notturna. Ogni fibra del mio essere fremeva in quel momento, mentre l’aria stessa sembrava vibrare di un’energia indescrivibile.
“Sono qui,” sussurrò, la sua voce un filo di seta, appena udibile nel silenzio reverenziale della notte.
“Non potevo mancare,” risposi, prendendole delicatamente la mano. La sua pelle era morbida e calda, un contrasto perfetto con la freschezza della notte.
Con la macchina in silenzio lungo le vie deserte, fiancheggiate da ville Liberty che sembravano addormentate sotto il manto stellato. Ogni respiro un accordo in una sinfonia segreta che solo noi due potevamo udire. I miei pensieri, un fiume in piena durante il giorno, si erano acquietati, lasciando spazio a una serenità che solo la sua presenza sapeva infondere. Mi chiedevo se anche lei sentisse quella stessa magia, se anche il suo cuore galoppasse al nostro ritmo condiviso.
La luna gettava un sentiero nella notte scura, un invito a un viaggio verso l’ignoto e noi seduti con le spalle che si toccavano, a guardare l’infinito.
In quel cuore della notte, i mille pensieri che affollavano le nostre menti si fusero in uno solo: l’incanto di quel momento. Le parole non erano necessarie. Il profumo del mare, il lieve tocco delle nostre mani intrecciate, la luce eterea della luna che avvolgeva ogni cosa – tutto parlava di un amore, fragile e potente allo stesso tempo.
Alice poggiò la testa sulla mia spalla, e le circondai la vita con un braccio. Il suo respiro leggero sulla tua pelle era una melodia. In quell’istante, la notte magica di questa città non era solo uno sfondo, ma un complice silenzioso del nostro amore, un testimone del fatto che, a volte, i sogni si avverano sotto la luce più pura della luna.